Cos’è il libero arbitrio? Quali implicazioni ha nella vita dell’uomo, in generale, e del cristiano in particolare? Conosciamo meglio questo concetto filosofico e teologico che tanto ha influito sulla storia del pensiero etico e religioso umano.
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Alla domanda “Cos’è il libero arbitrio?” la maggior parte delle persone risponderebbero probabilmente la libertà di scegliere cosa fare in una determinata circostanza. Questa risposta non è sbagliata, anche se un po’limitata per risolvere una concezione così determinante per la storia e lo sviluppo dell’umanità. Infatti il concetto del libero arbitrio è precedente all’avvento del cristianesimo, sebbene esso abbia trovato nell’ambito del pensiero filosofico e teologico cristiano un terreno infinitamente fertile di discussione e dibattito, nel corso dei secoli.
Ma dunque cos’è il libero arbitrio?
Cercando la definizione di libero arbitrio nel Dizionario filosofico Treccani, leggiamo in prima istanza: Capacità di scegliere liberamente, nell’operare e nel giudicare.
Dunque il libero arbitrio è la condizione di pensiero in virtù della quale ogni individuo può determinare in assoluta autonomia la finalità delle proprie azioni. Nessuna forza esterna che entra in gioco, nessuna entità superiore che regge le fila del destino. Ogni aspetto dell’agire e del pensare di un uomo si riduce a un atto di volontà.
Ma come è possibile conciliare una simile rivendicazione di libertà con il concetto di Dio onnisciente e onnipotente presente nella religione cristiana? Cos’è il libero arbitrio per un cristiano?
Destino o libero arbitrio?
Il problema non è solo legato alla religione. La storia del pensiero filosofico è percorsa dal dibattito su cosa determini le sorti dell’uomo, sulla presenza o meno di fattori sovrannaturali, come il destino, o naturali, e in questo caso si parla di determinismo. Per non citare la predestinazione, o il fatalismo.
Molti filosofi e pensatori si sono interrogati nel corso della storia dell’umanità riguardo alla possibilità che parte della vita umana, o addirittura la sua interezza, possa essere o meno prestabilita prima ancora della nascita dell’individuo.
Se rimanendo in un ambito religioso dovremmo interrogarci sull’esistenza o meno di una divinità, di una volontà superiore che concede la libertà di scegliere alle sue creature, in ambito etico dovremmo interrogarci sul concetto di responsabilità, ovvero, sul fatto che un uomo debba o meno rispondere delle proprie azioni, qualora esse siano determinate da qualcosa di esterno a lui. Ancora, in ambito scientifico l’analisi si concentrerebbe a determinare se la mente umana abbia una sua qualche ingerenza sugli eventi, o se tutto sia affidato interamente alla casualità.
Il libero arbitrio nella Bibbia
Cos’è il libero arbitrio secondo le Sacre scritture? Nella Bibbia si legge che Dio, nella sua onnipotenza, sceglie tuttavia di non prestabilire ogni cosa. In particolare, Egli ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza, dandogli la possibilità di trascendere il proprio istinto e di scegliere in che direzione muovere le proprie azioni. Anzi, è proprio la possibilità di scegliere, il libero arbitrio, a renderci uomini completi, perché sta a noi e solo a noi rivolgere il pensiero e l’operato a Dio e alla Sua volontà, senza alcuna costrizione. Sono molte le citazioni bibliche che sottolineano l’importanza del libero arbitrio, che nel Vecchio Testamento è visto come una grande responsabilità, oltre che un grande dono che Dio ha fatto ai suoi figli prediletti. Dunque il libero arbitrio nella Bibbia implica da un lato la libertà di scegliere, dall’altro la responsabilità di scegliere giustamente.
Il concetto di libero arbitrio in Dante
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto (Lc 12,39-48). Questa affermazione dal Vangelo di Luca è emblematica per capire la visione di Dante Alighieri, il poeta della Divina Commedia, riguardo alla questione del libero arbitrio. Dante, uomo di intelletto, ma anche d’azione, nutriva un profondo disprezzo per una categoria di uomini in particolare: gli ignavi, ovvero coloro i quali pur avendo la libertà e la facoltà di scegliere come agire, rinunciano ad essa per paura o pigrizia o debolezza, e lasciano che altri scelgano al posto loro. Egli li disprezza al punto da dedicare loro parole molto aspre nel III canto dell’Inferno, dove li incontra nel cosiddetto Antinferno. Si tratta di uomini e donne che durante la vita non hanno mai agito né nel Bene e né nel Male, ma si sono limitati a seguire la massa, senza prendere posizione, rimanendo neutrali. La condanna che il poeta stabilisce per loro è esemplare: poiché non sono stati abbastanza cattivi da meritare le pene dell’Inferno, ma neppure abbastanza buoni da poter ascendere in Paradiso, devono correre nudi per l’eternità inseguendo un’insegna bianca (la loro incapacità a decidersi), mentre vespe e mosconi li pungono e i vermi mangiano il loro sangue e le loro lacrime. Virgilio, accompagnando Dante lontano da quelle tristi figure, lo esorta:
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
La condanna di Dante è chiara e severa: guai a chi, avendo ricevuto in dono la libertà di scegliere, il libero arbitrio, vi rinuncia per seguire la via più facile. Rinunciare alla libertà, e alle responsabilità che ne derivano, equivale a rinunciare alla propria dignità umana.
Libero arbitrio in Sant’Agostino
Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te (Sant’Agostino, Sermo CLXIX, 13)
Per Sant’Agostino la Grazia divina riveste un ruolo preponderante nel destino dell’uomo rispetto al libero arbitrio, che pure il filosofo riconosceva. In pratica, Dio ha creato l’uomo libero di scegliere. L’uomo ha scelto il male, commettendo il Peccato originale.
Da quel momento Dio, che è onnisciente e che ha sempre saputo che l’uomo, lasciato libero, avrebbe peccato, continua a lasciargli piena libertà, senza interferire col suo libero arbitrio. Quindi Dio lascia libero l’uomo di peccare. Tuttavia, proprio perché Dio sa chi si salverà e chi no, illumina gli uomini mostrando loro cosa sia bene cosa sia male, e infondendo loro la forza per agire bene tramite la Grazia.
Dunque per Sant’Agostino l’uomo è libero. Dio, nella sua divina prescienza, gli lascia la libertà di operare il bene o il male, donando ad alcuni, tramite la Grazia, la possibilità di salvarsi. La volontà di Dio precorre quella dell’uomo, senza imposizioni, e dunque è la volontà umana di voler fare bene che rende ogni individuo meritevole o meno di essere salvato. Tuttavia, nessun uomo può salvarsi solo con la propria volontà. È la Grazia divina che lo aiuta. “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile.” (Matteo 19,25-26)
Ma in che modo Dio decide chi illuminare con la Grazia e chi no? Questo trascende dalla possibilità di giudizio umana. L’uomo non può certo permettersi di criticare Dio, visto che non possiede gli strumenti per comprendere la Sua volontà e il Suo disegno, come ricordava Paolo di Tarso: “O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: “Perché mi hai fatto così?”. Forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?” (Romani 20-21).
Per Sant’agostino, dunque, il libero arbitrio richiede il soccorso della Grazia, in quanto l’uomo ha la facoltà di scegliere il bene, ma dal momento in cui si è separato da Dio ha perso la capacità di attuarlo.
Il libero arbitrio per Lutero
Martin Lutero, padre e fautore della Riforma Protestante, basò sulle parole di Sant’Agostino il suo concetto di libero arbitrio, anzi, della negazione del medesimo: il servo arbitrio.
Lo scisma protestante attaccò fin dal principio il concetto di libero arbitrio. Infatti per i padri del Protestantesimo l’esistenza umana è basata su una predestinazione assoluta. Nessuna possibilità di scelta, nessuna variabile legata alle nostre decisioni, alle nostre azioni. Paradossalmente Lutero e Calvino basarono questa affermazione proprio sul pensiero di Sant’Agostino riguardo il libero arbitrio. Ma ci sono delle differenze. È vero che Sant’Agostino vedeva nel Peccato originale la prima scelta sbagliata da parte dell’uomo, con un conseguente allontanamento da Dio, ma non ha mai affermato che il Peccato originale avesse annientato la natura umana, riducendo l’uomo a un animale in preda al proprio istinto e destinato a soccombere alla volontà di Dio o del Demonio senza poter attuare scelta alcuna. “La volontà umana è posta tra i due [Dio e Satana] come un giumento, il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, […] se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove vuole Satana, e non è sua facoltà di correre e cercare l’uno o l’altro cavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo.” (Lutero, De servo arbitrio).
Dunque Martin Lutero nega l’esistenza del libero arbitrio, riducendo tutta la vita umana alla predestinazione. L’uomo non ha speranza, a nulla vale la sua volontà di fare bene. Solo la fede può salvare l’uomo, la fede in un Dio che lo spinga verso la salvezza piuttosto che la dannazione. Dopo di lui Giovanni Calvino, altro padre della Riforma, sviluppò una visione ancora più determinista, secondo la quale solo la Provvidenza determina il destino dell’uomo, indipendentemente dai suoi meriti. L’uomo può solo cogliere dei segni della benevolenza divina in ciò che gli riesce di fare bene durante la propria vita.
Il libero arbitrio secondo Erasmo da Rotterdam
Erasmo da Rotterdam contrastò il pensiero Luterano. Pur ammettendo che il Peccato originale ha danneggiato la natura umana, tuttavia rivendica il bisogno, da parte dell’uomo, di essere libero, perché se così non fosse la Grazia, la giustizia e la misericordia di Dio non avrebbero senso. Secondo Erasmo dunque l’uomo deve essere libero di accettare o rifiutare la Grazia divina, ma deve rendersi conto di non potercela fare da solo. Erasmo porta a esempio un padre e un figlio. Il figlio piccolo vuole prendere un frutto su un albero, ma non riuscirebbe a
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raggiungerlo se il padre non lo sollevasse tra le braccia. Così l’aiuto del padre (la Grazia) permette al figlio (l’uomo) di ottenere ciò che brama (la salvezza). Senza il padre il figlio non avrebbe nemmeno visto il frutto tra i rami. Dunque senza la Grazia divina l’uomo non può nulla, per quanto mosso da una volontà forte.
Erasmo afferma che nonostante il Peccato originale nell’uomo vi è ancora il libero arbitrio, che gli permette di decidere in che direzione muoversi, verso il bene o il male. Tuttavia afferma anche che l’uomo può compiere sia il bene sia il male solo con il consenso di Dio, e Dio dona all’uomo la Grazia per aiutarlo a scegliere. In particolare, la Grazia interviene nella prima e nell’ultima fase dell’azione umana, che possiamo dividere in: inizio, sviluppo e esito finale. Dunque la Grazia influenza l’uomo nell’intenzione, nella volontà di fare, e gli permette di compiere ciò che ha stabilito. Il come, tuttavia, è definito dal libero arbitrio dell’uomo.