1978, l’anno dei tre papi: un’estate irripetibile in cui Montini, Luciani e Wojtyla cambiarono per sempre il volto della Chiesa
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La storia della chiesa cattolica moderna non ci ha risparmiato avvenimenti sconvolgenti e momenti di impareggiabile pathos e solennità. In un mondo che cambia sempre più rapidamente e impone sfide continue, la chiesa ha subito stravolgimenti che l’hanno costretta a cambiare, pur senza perdere la sua più intima missione di speranza e salvezza. Restano immagini, momenti iconici impressi nella memoria collettiva: Papa Giovanni Paolo II che si accascia colpito da due colpi di pistola il 13 maggio 1981; l’Angelus di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta sotto la pioggia durante la pandemia di COVID. Pochi eventi hanno segnato l’immaginario collettivo quanto l’incredibile sequenza di avvenimenti che determinò l’anno dei tre papi. Era il 1978 e, in poco più di due mesi, la Chiesa cattolica visse una delle sue stagioni più drammatiche e cariche di implicazioni sul piano sociale e politico, oltre che spirituale. Parliamo di un periodo turbolento, caratterizzato dai mutamenti spesso controversi definiti dall’appena concluso Concilio Vaticano II (1962-1965), dalle contestazioni giovanili, dai profondi mutamenti sociali e culturali del periodo, come il movimento del ’68, ma anche da fatti storici di assoluta gravità, come il rapimento e l’omicidio del presidente della DC Aldo Moro a opera delle Brigate Rosse, proprio nel maggio del 1978. Nel giro di pochi mesi ben tre uomini si succedettero sul trono di Pietro, lasciando, ciascuno a suo modo, un segno forte e significativo nella memoria del mondo intero. Non si è trattato solo di una semplice successione papale: è stata un momento di svolta che ha ridefinito il volto del Vaticano e della chiesa universale per i decenni a venire.

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Per comprendere appieno la portata di questi eventi, dobbiamo immergerci nelle storie intrecciate di queste tre personalità straordinarie: Giovanni Battista Montini (Paolo VI), Albino Luciani (Giovanni Paolo I) e Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II). Tre uomini diversi per storia, indole e carattere, ma ciascuno portatore di una visione unica del ministero petrino. L’anno dei tre papi ci conduce attraverso un ventaglio di vicende storiche, mutamenti sociali, avvenimenti tragici e segnanti, ma ci mostra anche un caleidoscopio di emozioni umane, delle quali i tre pontefici sono stati portatori. Un’epoca si è conclusa davanti ai loro occhi, e a loro è stato dato l’onere di portare avanti la speranza di un nuovo inizio.

Qual è l’anno dei tre papi?
L’anno dei tre papi è il 1978, un anno che ha segnato per sempre la storia della Chiesa cattolica attraverso una sequenza di eventi senza precedenti. Il 1978 è stato un anno cruciale per la storia dell’Italia e del mondo intero. Oltre al già citato rapimento e all’uccisione di Aldo Moro, avvenimento che sconvolse l’opinione pubblica e mise in crisi l’intero sistema politico nazionale, vennero emesse leggi rivoluzionarie, fino a poco tempo prima, che avrebbero cambiato in modo radicale la vita nel nostro paese. Pensiamo alla Legge Basaglia, sulla chiusura dei manicomi, o quella sulla legalizzazione dell’aborto. Contestualmente nel mondo si conoscevano nuove forme di libertà inconcepibili fino a poco prima, rivendicate dai movimenti culturali e di protesta del ’68.
Ebbene, quello che poteva sembrare un normale passaggio di consegne, nel 1978 divenne invece una stagione irripetibile per tutta la cristianità. In poche settimane, tre papi si avvicendarono sul trono di Pietro, e ognuno portò con sé un volto diverso della Chiesa: Paolo VI, custode saggio delle riforme conciliari; Giovanni Paolo I, pastore mite e sorridente, capace di parlare con semplicità al cuore della gente; Giovanni Paolo II, giovane e carismatico, che avrebbe spalancato al papato una dimensione globale.
Roma, in quei mesi, si trasformò nel centro del mondo. Le fumate che salivano dalla Cappella Sistina divennero immagini planetarie, i conclavi si susseguirono con ritmo incalzante, e l’attenzione dei media fissò il Vaticano come mai prima. Sullo sfondo, un mondo diviso dalla Guerra Fredda guardava a questi avvicendamenti con trepidazione, leggendo in essi segni di continuità, di speranza e di cambiamento.

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La morte improvvisa di Albino Luciani lasciò domande senza risposta e un rimpianto struggente: nei suoi soli trentatré giorni di pontificato aveva mostrato una Chiesa vicina, affettuosa, libera dai formalismi, e molti si chiesero quale strada avrebbe potuto tracciare se il tempo gli fosse stato concesso. Poi, con Wojtyla, il papato prese il respiro del mondo intero: viaggi, incontri, parole che varcarono confini politici e spirituali, segnando un’epoca.
Guardando a quell’estate, emerge una lezione antica e sempre nuova: la fragilità degli uomini e la forza delle istituzioni. Tre papi così diversi, eppure ognuno capace di consegnare alla storia un frammento di sé, un lascito che ancora oggi illumina la memoria della Chiesa. L’anno dei tre papi resta per questo un simbolo: ci ricorda che la storia può correre, bruciando in poche settimane trasformazioni che, di solito, richiedono generazioni.
Paolo VI: Giovanni Battista Montini e il tramonto di un’epoca
Il primo protagonista di questa incredibile vicenda fu Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, eletto al soglio pontificio il 21 giugno 1963, e che concluse il suo pontificato il 6 agosto 1978, dopo quindici anni di guida della Chiesa. Paolo VI è stato Papa in uno dei periodi più turbolenti della storia moderna, non solo di quella ecclesiale. Sua l’incombenza di mettere in pratica le riforme promulgate durante il Concilio Vaticano II, ma anche di affrontare i mutamenti di una società in fermento, sconvolta da trasformazioni epocali. Si fece carico di aprire un rinnovato dialogo tra chiesa e contemporaneità, e, con coraggio, seppe scoprire nuove strade nel rapporto con il mondo moderno, promuovendo la pace, l’unità e la civiltà dell’amore. Questa espressione, da lui introdotta durante la Pentecoste del 1970, indicava proprio la via per un mondo fondato su pace e fraternità, in cui la Chiesa avrebbe dovuto farsi voce del Vangelo, ma soprattutto identificarsi con la causa dell’uomo, promuovendo comunione e universalità.
Paolo VI morì il 6 agosto 1978, all’età di 80 anni, a causa di un edema polmonare. Gli successe Giovanni Paolo I, “il Papa buono”.

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Giovanni Paolo I: il Papa del sorriso
Giovanni Paolo I, nato Albino Luciani nel 1912, era patriarca di Venezia, durante il pontificato di Paolo VI. Alla morte di quest’ultimo venne eletto papa il 26 agosto 1978, e scelse i nomi dei suoi due predecessori, Paolo VI e Giovanni XXIII. La sua semplicità e la sua umanità disarmante gli meritarono il soprannome di “Papa buono” o “Papa del sorriso”. Giovanni Paolo I aveva vissuto in prima persona i drammi del Novecento. Da sempre oppositore del fascismo, durante la Seconda guerra mondiale era stato educatore in seminario, mentre suo fratello era arruolato soldato. Proprio il dolore vissuto in prima persona in quegli anni difficili gli fece maturare una profonda sensibilità verso le sofferenze di chiunque e un forte rifiuto dei totalitarismi, rendendolo un pastore mite e vicino alla gente comune. Il suo stile evangelico fatto di semplicità, umanità e attenzione concreta ai più fragili gli fecero conquistare subito il cuore dei fedeli. Sfortunatamente, il suo pontificato durò appena 33 giorni. Il 28 settembre 1978 Giovanni Paolo I morì. La sua figura rimane simbolo di umiltà, tenerezza e vicinanza al popolo, un segno luminoso e fragile nella storia della Chiesa.

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Nonostante la brevità del suo papato, la sua improvvisa scomparsa scosse profondamente la Chiesa e il mondo intero, lasciando un vuoto che sembrava impossibile da colmare. Le circostanze della sua morte, benché attribuite ufficialmente a un infarto del miocardio, hanno alimentato nel tempo numerose speculazioni e teorie, che hanno rischiato di minare le nuove fondamenta della chiesa moderna tanto faticosamente gettate dal suo predecessore Paolo VI. Per fortuna, l’elezione di Karol Wojtyla portò una nuova rivoluzione e, nello stesso tempo, nuova stabilità.
Giovanni Paolo II: il Papa che disse “Non abbiate paura”
Il 16 ottobre 1978, il conclave scelse un nome che avrebbe risuonato nel mondo per decenni: Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, che salì al soglio pontificio col nome di Giovanni Paolo II. Per la prima volta dopo quasi cinque secoli, un uomo non italiano saliva al soglio di Pietro. Ma non era la sua origine polacca il vero segno dirompente: era lui stesso, con la sua giovinezza vigorosa, lo sguardo luminoso, la mente nutrita di filosofia, teatro e poesia.
Quando si affacciò su Piazza San Pietro e disse con voce ferma: «Non abbiate paura», la folla comprese che stava iniziando una nuova stagione. In quelle parole vibrava la forza di chi aveva conosciuto sulla propria pelle i totalitarismi del Novecento, il nazismo e il comunismo, e ne era uscito con una fede temprata, sensibile alla libertà, ai diritti, alla dignità dell’uomo. Con Wojtyla, il papato si fece viaggio, incontro, testimonianza viva: non più chiuso nelle stanze del Vaticano, ma in cammino tra i popoli e le strade del mondo.

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